Contro bullismo e cyberbullismo quali tutele? Insanitas ha approfondito l’argomento dal punto di vista psicologico e normativo rispettivamente con un pedagogista e con un dirigente della Questura di Ragusa. Un adolescente su cinque negli ultimi tre mesi del passato anno scolastico è stato bullizzato. A rilevarlo è l’Osservatorio ‘Bullismo e cyberbullismo’, un’indagine che ha coinvolto oltre 3.000 ragazze e ragazzi tra gli 11 e i 19 anni, che mostra come, il fenomeno non sia stato eradicato. Ne abbiamo parlato con il Dottor Giuseppe Raffa, pedagogista e coordinatore ambulatorio antibullismo all’Asp Ragusa.
Dottor Raffa ritiene si faccia abbastanza per contrastare il fenomeno del bullismo?
«È da un po’ di tempo che si parla di bullismo e cyberbullismo, fenomeni che vengono attenzionati e arginati anche grazie agli eventi di sensibilizzazione nelle scuole. C’è più consapevolezza, c’è più sensibilità e attenzione verso un problema che nel mondo fa duecento milioni di vittime e che in Sicilia raggiunge il 46,5% dei ragazzi che frequentano le scuole, elementari, medie e superiori. Problematiche che noi ci troviamo ad affrontare quotidianamente con l’ambulatorio antibullismi dell’ASP di Ragusa, che mi onoro di coordinare, l’unica struttura delle ASP da Roma in giù».
Quali sono le attività del laboratorio antibullismi?
«Noi interveniamo nelle scuole per attività di sensibilizzazione e prevenzione e affrontiamo i casi che ci vengono segnalati. Siamo una struttura che fornisce servizi gratuiti. Intervenire subito fa la differenza e permette di scongiurare il peggio evitando che le problematiche si protraggano, altrimenti il rischio è minimizzare o girarsi dall’altra parte in presenza di episodi di bullismo. Purtroppo, ancora avviene in certe situazioni. Le attività includono informazione e formazione diretta ai ragazzi, ai docenti, educatori e ovviamente anche alle famiglie. La famiglia ha un ruolo fondamentale. Il bullo spesso scarica le proprie frustrazioni nate nel contesto di una famiglia disattenta, troppo permissiva, in cui sono presenti forme di violenza».
Chi se ne deve accorgere? Ha più responsabilità la scuola o la famiglia?
«Non ci sono responsabilità assolute. Dipende da come si verificano questi episodi e da chi se ne accorge per primo. Penso però che prima dovrebbe accorgersene il genitore, poi la scuola. Nel momento in cui ci vengono segnalati i casi, noi interveniamo. Colgo l’occasione per dire che ci sono sempre più genitori che non si accorgono di alcuni atteggiamenti significativi dei propri figli, non hanno capacità di osservazione, non hanno capacità di ascolto, sono genitori abbandonici. È così da venticinque anni a questa parte, ma a peggiorare la situazione è la rivoluzione tecnologica che ha cambiato le carte in tavola, poi è intervenuta anche la Pandemia che è esplosa in tutto quello che purtroppo le cronache ci riportano».
Come intervenite?
«Noi prendiamo in carico tutta la famiglia del bullo e tutta la famiglia della vittima. Il bullismo qualunque esso sia, nelle diverse varianti, è un problema sistemico: appartiene all’intero gruppo familiare, non riguarda solo il bullo e la vittima. Esistono convegni, interventi ad hoc, azioni formative, diverse metodologie che noi dell’ambulatorio antibullismi mettiamo a disposizione. Servirebbe una legge ad hoc per il bullismo scolastico e non c’è. Servirebbe una legge ad hoc per il bullismo sociale. Si dovrebbe fare di più. Esiste la legge 71 del 2017 sul cyberbullismo e non basta».
Nel nostro ordinamento giuridico non c’è il reato di bullismo. La legge 71 del 2017 sul cyberbullismo stabilisce che il minore ultraquattordicenne, vittima di episodi di cyberbullismo, possa richiedere l’oscuramento, la rimozione o il blocco dei contenuti diffusi in rete inviando un’istanza al titolare del trattamento o al gestore del sito del social network. Dal punto di vista normativo ne abbiamo parlato con il dottor Vincenzo Chessari, dirigente dell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico della Questura di Ragusa.
Dottor Chessari, in che modo il cyberbullismo rientra nelle attività del suo ufficio?
«Quando arriva una segnalazione la prendiamo a carico come primo intervento. Poi la fase successiva chiaramente la svolgerà la Squadra Mobile o eventualmente la Polizia Postale. Nel tempo abbiamo notato che l’età media si abbassa sempre di più: dai nove anni in su. Abbiamo riscontrato che spesso non c’è un’informazione adeguata, non solo da parte dei ragazzi, ma anche da parte dei genitori. Quindi spesso ci troviamo a spiegare che il fatto di per sé già grave costituisce anche un reato. Spesso non c’è consapevolezza del fatto che un’azione compiuta da dietro lo schermo di un pc possa ledere».
Quali le iniziative messe in campo dalla Polizia di Stato?
«L’importante compito delle forze di Polizia è quello di sensibilizzare il più possibile questi ragazzini, le loro famiglie e anche gli insegnanti sul tema. A livello nazionale la Polizia di Stato interviene con le iniziative “Cuori connessi”, “Una vita da social”, esiste l’utile strumento dell’app “YouPol” e come misure di prevenzione si impiega “L’Ammonimento”. Inoltre, è stato presentato su Rai 2 a febbraio “Senza rete”, il docufilm realizzato da Polizia di Stato e Rai Documentari sul cyberbullismo».
Come funzionano queste iniziative?
«“Cuori connessi” è un progetto realizzato dalla Polizia di Stato in collaborazione con Unieuro, nato per sensibilizzare i giovani, i loro genitori e insegnanti sull’uso consapevole della Rete e per affrontare il delicato tema del cyberbullismo. Stesso tema al centro della campagna della Polizia di Stato “Una vita da social”, realizzata in collaborazione con il ministero della Pubblica istruzione nell’ambito del progetto “Generazioni connesse”».
Cos’è l’ammonimento?
«Come per gli atti persecutori, o stalking, esiste la possibilità di chiedere al Questore l’ammonimento, misura che può essere disposta nei confronti dei minorenni che hanno più di 14 anni, responsabili di cyberbullismo, se non è stato commesso un reato perseguibile d’ufficio. L’ammonimento è uno strumento di tutela che, oltre ad essere rapido, non coinvolge il cyberbullo nel circuito penale. Gli effetti del provvedimento stesso cessano con la maggiore età dell’ammonito. Il cyberbullo ammonito sarà sempre invitato ad un percorso che gli faccia comprendere il disvalore dei propri comportamenti».
L’app YouPol è utile anche in questo ambito?
«Realizzata dalla Polizia di Stato, è utile per segnalare episodi di spaccio, reati di violenza e bullismo. Ricordo che l’app permette di trasmettere in tempo reale messaggi ed immagini agli operatori della Polizia di Stato; è prevista la possibilità di fare segnalazioni in forma anonima. Infine invito i ragazzi a trovare la capacità, la forza di potersi ribellare, di chiedere aiuto alle famiglie, alle istituzioni preposte. Agli educatori e alle famiglie dico di non sottovalutare nessun campanello d’allarme».