Lo studio su obesità e diabete è stato guidato dal professor Silvio Buscemi, Associato di Scienze Dietetiche dell’Ateneo palermitano, Dipartimento Biomedico di Medicina Interna e Specialistica (DIBIMIS) dell’Università di Palermo, Segretario Regionale SIO-Sicilia (Società Italiana dell’Obesità) e coordinatore del gruppo di ricerca su “Diabete e Nutrizione Clinica”, presso la UOC di “Endocrinologia, Malattie del Ricambio e della Nutrizione” del Policlinico “P. Giaccone”, diretta dalla prof.ssa Carla Giordano, ed è stato pubblicato sull’ultimo numero della rivista “International Journal of Obesity”.
La nuova ricerca, rispetto alle precedenti, mette in correlazione la concentrazione dell’irisina e l’attività fisica abitualmente svolta in un campione rappresentativo di popolazione urbana. L’esercizio fisico induce nel muscolo la produzione di PGC-1α (Peroxisome Proliferator – Activated Receptor Gamma Coactivator 1α) importante molecola di segnalazione che agisce sul DNA attivando la trascrizione di geni coinvolti nelle attività metaboliche.
Negli ultimi anni è emerso che uno dei geni attivati da PGC-1α codifica una proteina inserita nella membrana delle cellule muscolari, di cui una parte, la cosiddetta “irisina”, può sganciarsi, entrare nel circolo sanguigno ed assumere il ruolo di ormone. La denominazione irisina è mutuata suggestivamente da Iris, la dea greca che aveva il compito di far comunicare gli umani con gli Dei.
La funzione dell’irisina, infatti, sarebbe quella di messaggera, ponendo in comunicazione il muscolo con alcuni tessuti dell’organismo. L’ormone si trova naturalmente negli esseri umani, è prodotto fisiologicamente dai muscoli, viene rilasciato nel sangue quando si svolge attività fisica e sembra agire sulle cellule (adipociti) del tessuto adiposo bianco determinandone la trasformazione in adipociti beige.
Queste cellule, così come il tessuto adiposo bruno, agiscono bruciando energia per la produzione di calore. I muscoli, pertanto, non sono solo i principali attori della funzione del movimento, ma regolano anche il consumo energetico. “In altre parole – spiega il professore Buscemi – dopo aver abbandonato la cellula muscolare, iris(ina) raggiunge, tramite la circolazione, le cellule adipose, che si distinguono in adipociti bianchi (abbondanti nella specie umana) e in adipociti bruni (abbondanti nei mammiferi che vanno in ibernazione). La caratteristica degli adipociti bruni sta in una proteina mitocondriale (termogenina o proteina disaccoppiante -UCP-) che impedisce l’immagazzinamento dell’energia liberata nell’ossidazione di zuccheri e grassi e la fa disperdere in calore”.
Secondo lo studio in questione, le concentrazioni di irisina, risultando associate al livello di attività fisica abituale, possono svolgere un ruolo chiave nel contrasto a obesità e diabete. “L’attività del grasso bruno – afferma Buscemi – fa disperdere parte delle calorie introdotte con il cibo, evitando che si accumulino sotto forma di tessuto adiposo”.
“L’irisina – continua – potrebbe aiutare a mantenere un corretto peso corporeo e, quindi, a prevenire l’obesità ed il diabete e, di conseguenza, anche le malattie cardio-vascolari. Il mantenimento di un corretto peso corporeo, in particolare, agevola un’adeguata produzione di insulina da parte del pancreas, nonché il suo corretto funzionamento. L’insulina è, infatti, l’ormone che ha la funzione di favorire il metabolismo del glucosio, ridurre la quantità di glucosio nel sangue e aumentare la quantità di glicogeno immagazzinato nei tessuti. Pertanto, quando la produzione di insulina è insufficiente, o vi è una condizione di insulino-resistenza, compare il diabete”.
“Lo studio in oggetto, si differenzia da quelli che lo hanno preceduto – precisa l’esperto – in quanto, per la prima volta, è stato condotto su un campione rappresentativo (valutato attraverso appositi questionari) di popolazione urbana, palermitana, esclusivamente adulta, ovvero una coorte di circa 1300 pazienti che, dal 2011, con un monitoraggio nel 2015, partecipa al progetto ABCD (Alimentazione, Benessere Cardiovascolare e Diabete), ma soprattutto perché ha analizzato le concentrazioni dell’irisina in rapporto al livello abituale di attività fisica svolta e non in risposta ad una seduta di esercizio fisico in acuto. In altre parole non abbiamo fatto svolgere al paziente esercizi fisici e poi misurato i livelli di irisina”.
“Le concentrazioni di irisina, dunque – sottolinea Buscemi – sono state dosate in relazione all’attività fisica abituale, quella di tutti i giorni, intesa come attività motoria svolta dalla popolazione generale, trattandosi di un campione di individui appartenenti alla vita reale, escludendo tutte quelle condizioni in cui la concentrazione di irisina potrebbe essere rilasciata dal muscolo per altre ragioni”.
“Dunque – aggiunge Buscemi – abbiamo potuto stabilire che, nell’uomo le concentrazioni di irisina sono più elevate in coloro i quali compiono abitualmente una maggiore attività fisica e nelle donne.”
“Questa ricerca contribuisce alla comprensione dei meccanismi attraverso cui l’attività fisica è in grado di esercitare benefici metabolici e lascia sperare che nel futuro l’irisina possa essere impiegata farmacologicamente per contrastare l’obesità”.
Infine, sul campione di riferimento del progetto ABCD, la ricerca in questione ha rilevato: una quota del 30% di pazienti obesi; una del 40% di pazienti in sovrappeso; un 6% di pazienti diabetici e un 4% di pazienti diabetici non noti (cioè che non sapevano di esserlo). “Sembrerebbe doversi parlare oramai – conclude Buscemi – di diabete urbano e di obesità urbana”. Rilievi di non poco conto se si pensa che l’obesità registra dati sconfortanti nella nostra Regione. L’invecchiamento della popolazione fa emergere, infatti, anche un aumento del carico di malattie a componente nutrizionale e gli anziani tendono ad essere in eccesso ponderale anche a causa di abitudini alimentari inadeguate.
La Sicilia, complessivamente tra aree urbane e non, vanta il triste primato di prevalenza del 47,9% tra persone obese (9,2%) e persone in sovrappeso (38,7%) e, nella media, rispetto al territorio italiano, al Sud, in generale, si supera la soglia del 50% in Basilicata, Puglia, Campania e Molise, secondo i dati riportati dal “Rapporto sull’obesità in Italia” (2017), curato dall’Istituto Auxologico Italiano, che segnala un aspetto critico, per le ricadute in termini di salute pubblica nei prossimi decenni, anche sul fronte della diffusione dell’eccesso di peso tra bambini e adolescenti che, nella nostra Nazione si attesta tra i più alti in Europa. I bambini e gli adolescenti in eccesso di peso, infatti, si stima che siano circa 1 milione e 700mila, pari al 24,9% della popolazione di 6-17 anni.