PALERMO. Una procedura assolutamente micro-invasiva per i pazienti sotto i 50 anni d’età, che soffrono di dolore all’anca e non vogliono ricorrere alla protesi. L’artroscopia d’anca è una chirurgia eseguita in pochi centri in Italia, sebbene stia andando incontro ad un rapido sviluppo, soprattutto in pazienti giovani, spesso in seguito a traumi, o forme aggressive di sinoviti intrarticolari. Il dottor Marcello De Fine si occupa di questa chirurgia presso il reparto di Ortopedia generale del Dipartimento Rizzoli Sicilia, a Bagheria, un centro di terzo livello, principale riferimento per la chirurgia dell’anca nell’Isola.
Di che tipo di intervento si tratta?
«Tramite l’esecuzione di due/tre piccole incisioni (circa 1 cm per ognuna) permette di introdurre una telecamera (artroscopio) ed alcuni strumenti appositamente sviluppati all’interno dell’articolazione, verificandone e trattando le condizioni patologiche. Tramite questo intervento è possibile curare il cosiddetto conflitto femoroacetabolare, una situazione appunto di incongruenza meccanica tra la testa del femore ed il bacino, foriera di dolore e progressiva degenerazione artrosica dell’anca stessa. Il risultato clinico è generalmente ottimo, con traumatismo pressoché nullo per il paziente e rapidissima ripresa funzionale».
Per quali pazienti è indicata quest’operazione?
«Soprattutto per pazienti giovani sotto 50 anni d’età, si cerca di curare infatti la patologia dell’anca anche in stadi più precoci ed in pazienti più giovani ma comunque sintomatici, che hanno da subito un miglioramento clinico con pochissimi rischi, un recupero veloce, si può effettuare in day hospital o con una notte di degenza. Dopo l’operazione l’unica indicazione è tenere le stampelle per due settimane».
Questa tecnica si può estendere anche a chi ha già una protesi all’anca?
«Recentemente si sta sperimentando, con ottimi risultati, l’utilizzo dell’artroscopia per il trattamento di pazienti che, pur a seguito di un intervento di protesizzazione dell’anca, continuano a lamentare in parte dolore per l’infiammazione dei tendini nativi a contatto con le componenti protesiche: in queste situazioni, tramite tecnica artroscopica, è possibile andare ad effettuare un semplice release del tendine infiammato, evitando invasivi interventi di sostituzione della protesi impiantata che rappresentavano l’unica soluzione fino a pochi anni fa».
Da quanti anni pratica questo intervento?
«Da tre anni a Bagheria siamo uno dei pochi centri in Italia e in Sicilia ad effettuare questi interventi, una tecnica innovativa per il Sud Italia. La mia attività clinica è rivolta principalmente alla chirurgia protesica dell’anca, eseguita con tecniche mini-invasive per via anteriore o posterolaterale, all’artroscopia d’anca ed alla chirurgia protesica ed artroscopica della spalla e del ginocchio».
Ci saranno sviluppi tecnici futuri di questa procedura?
«Assolutamente sì, stanno studiando nuove tecniche per ricostruire la cartilagine o il labro acetabolare, una sorta di menisco dell’anca, e dunque ampliare il numero di pazienti che possono essere sottoposti a questa procedura».