Antonello Giarratano

Dal palazzo

L'intervista

Antonello Giarratano: «Se si sbaglia la prossima rete ospedaliera la Sicilia resterà fanalino di coda»

Dalla carenza dei posti letto al Policlinico di Palermo alle proposte di riforma della rete ospedaliera, ecco cosa dice il presidente della SIAARTI.

Tempo di lettura: 9 minuti

L’assistenza ospedaliera e l’assistenza territoriale sono due parti naturalmente complementari e sinergiche del Sistema sanitario nazionale che, insieme, dovrebbero realizzare la continuità dei percorsi di cura ospedale-territorio e garantire la reale presa in carico dei bisogni di salute delle persone.

Ma esistono limiti e inadeguatezze che indeboliscono l’assistenza e  peggiorano anche le condizioni di lavoro su cui bisogna intervenire. Affollamento dei pronto soccorso, lunghe liste d’attesa, carenze di organico o strutturali e tecnologiche, qualificazione del personale medico infermieristico e tecnico sono solo alcuni dei temi affrontanti nell’intervista al professore Antonello Giarratano, ordinario di Anestesiologia e direttore del DAI Emergenza e Urgenza del Policlinico Universitario e presidente della Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva, componente del tavolo tecnico per lo studio delle criticità emergenti dall’attuazione del regolamento dell’assistenza ospedaliera e dall’attuazione del regolamento dell’assistenza territoriale. Il tavolo, istituito a giugno, sta per concludere i lavori portati avanti in questi mesi.

Professore Giarratano, il metodo scientifico ha incontrato la buona pratica clinica a difesa della salute pubblica in area strategiche del nostro sistema sanitario nazionali, quali la medicina perioperatoria, la rianimazione e la terapia intensiva, la terapia del dolore, l’emergenza intra e preospedaliera. In che modo?
«La legge Gelli prevede, in pochissime parole, che non vi sia colpa medica se si rispettano le buone pratiche cliniche e le linee guida. Ecco spesso le linee guida sono poco applicabili in quanto elaborate in contesti europei o statunitensi diversi dai nostri o non lo sono per carenze di organico o per carenze strutturali e tecnologiche. Lo sforzo educazionale della Società Scientifica è traslare gli studi scientifici soprattutto in buona pratica clinica scientificamente validata. La buona pratica clinica è il miglior compromesso tra letteratura scientifica e la sua applicazione nella realtà sanitaria a tutela della salute pubblica dei cittadini».

Emergenza preospedaliera quali sono i piani di azione?
«Questa risposta richiederebbe tanto spazio, quindi sugli aspetti tecnici per chi è interessato può trovare un approfondimento nel documento di expert opinion prodotto da SIAARTI circa le proposte di integrazione al Decreto Ministeriale 2 aprile 2015 n. 70 e Decreto Ministeriale 23 maggio 2022 n.77 e che è in discussione, per le aree di nostra competenza al Ministero. In sintesi rispondo citando alcune azioni: attivazione del sistema territoriale col numero 116117 con risposta vera del territorio a tutti i casi che non sono emergenza, quindi in estrema sintesi codici bianchi e verdi; qualificazione del personale medico infermieristico e tecnico che a quel punto si occuperebbe di emergenza e urgenza non differibile, si intendono i codici giallo-arancione-rosso; riorganizzazione della rete ospedaliera in funzione delle esigenze del territorio quindi popolazione e distanze tra ospedali spoke e hub e aggiornamento buone pratiche cliniche e linee guida. C’è ancora dell’altro ma su questi punti si fonda una seria riorganizzazione del SSN che, nelle regioni che la stanno adottando, mostra già i suoi frutti con i pronto soccorso meno sovraffollati».

Fondamentale è l’ambito della formazione. L’assistenza e la ricerca, poi, dovrebbero camminare a braccetto. Qual è lo stato dei fatti al Policlinico?  
«È chiaro che quello che fa la società scientifica a monte lo deve fare la Scuola di Medicina e quindi l’Università. E nei fatti è documentale che, nonostante i vecchi Protocolli di Intesa che regolano i rapporti tra Università e SSR prevedessero determinati standard anche di finanziamento, in modo quantomeno anomalo e in modo più pesante nei rapporti con i Policlinici di Palermo e di Messina, questo non è avvenuto. E se non rispetti la norma nazionale che prevede strutture e tecnologie e quindi posti letto anche in numero adeguato nelle AOUP di riferimento a quello che la stessa norma prevede, non vi è garanzia di qualità per gli studenti che si formano nei corsi di laurea e di specializzazione. Il rischio è che la qualità, per esempio, dei tirocini non sia adeguata e che il più grande ateneo siciliano per numero di iscritti si trovi in grande difficoltà persino ad accettare  rispettando le norme ministeriali il numero di iscritti attuale. Un DPCM in vigore prevede un rapporto tra posti letto nelle AOUP e numero di iscritti che è di tre pazienti per uno iscritto al primo anno di Medicina e così avviene in tutta Italia con deroghe minime. È nei fatti che negli ultimi lustri l’AOUP di Palermo sia scesa a 480 posti letto, mentre l’AOUP di Catania, rispettando i parametri e ne siamo contenti, sia salita a 960. È un tema che il Rettore Massimo Midiri sta affrontando riscontrando sensibilità nell’attuale asset governativo e assessoriale. Il danno lo si fa agli studenti siciliani non ai professori universitari di Palermo».

Qualità dei contenuti clinico-scientifici e attrattività della formazione sono alla base del successo del congresso ICare 2023. Perché?
«In sanità la metodologia scientifica e la buona pratica clinica devono essere il comune denominatore dell’efficacia dell’offerta sanitaria. L’aggiornamento sulla letteratura scientifica, le nuove tecnologie, i nuovi farmaci se non sono calati e vengono presentati ai tanti colleghi e alle tante colleghe all’interno di un evento formativo nella loro stretta interdipendenza tra campo di studio e campo applicativo perdono di efficacia. Alla stessa stregua averlo fatto e farlo in un Congresso nazionale ne condiziona il successo di partecipazione. Formule nuove, in cui le regioni coi loro sistemi sanitari si confrontano con chi produce buone pratiche cliniche e linee guida o formazione su nuove tecnologie, e procedure fatte in simulazione avanzata che permette al collega di simulare una situazione clinica sono vincenti».

Anestesia e Medicina perioperatoria significa oggi (e sono le tematiche affrontate nel Congresso ICARE2023) sicurezza nei complessi operatori, tecnologia (con crescente interesse per il supporto dei sistemi di intelligenza artificiale) e sul piano sanitario abbattimento delle liste d’attesa. In che modo si sta intervenendo?
«Assistere la ventilazione di un paziente in anestesia generale con nuove tecniche meno invasive, se ne fanno migliaia al giorno in sala operatoria, e magari agire su un paziente anziano o fragile significa ridurre i tempi di durata dell’intervento chirurgico e quelli di degenza per minori complicanze e quindi significa ridurre le liste d’attesa. Utilizzare sistemi di monitoraggio, basati sull’intelligenza artificiale che predicono un evento ipotensivo o emorragico, anche questo comporta una riduzione dei tempi di ricovero e quindi delle liste d’attesa. Ecco, forse oltre inseguire solo i finanziamenti sulla retribuzione oraria aggiuntiva o sugli extra-budget al pubblico e al privato, i SSR che vogliono essere più efficienti dovrebbero migliorare la qualità dell’attività sanitaria nell’orario dedicato in sala operatoria alle liste d’attesa. E in questo le società scientifiche possono dare il contributo, cosa che a livello nazionale, testimoniato dalle parole del Ministro della Salute, si sta facendo mentre a livello regionale avviene a macchia di leopardo».

Qual è l’attività svolta nella nuova sede SIAARTI, inaugurata qualche mese fa a Roma, in cui è stato creato il primo centro di simulazione di una società medico-scientifica, in collaborazione con Laerdal Italia?

«Oltre cento corsi in simulazione avanzata in tutte le aree di nostra competenza e soprattutto, cosa di cui andiamo fieri, è partito un corso certificato dalla SIAARTI che forma i formatori in simulazione. Posso essere il miglior docente o professore ma l’insegnamento in simulazione non si improvvisa e richiede competenze specifiche. E SIAARTI sta formando i docenti del futuro».

Cosa pensa della riforma paventata qualche settimana fa della legge 5 sulla riorganizzazione delle Aziende Sanitarie della Regione Sicilia? 
«È stata smentita e, ne sono sicuro, non poteva venire dall’assessorato. Il principio di fondo è rafforzare la sanità territoriale e integrarla col sistema ospedaliero. Per fare questo si parte dal territorio, dai suoi bisogni e si ricavano una rete territoriale e ospedaliera efficace ed efficiente. L’impostazione che emergeva non aveva nulla di tecnicamente accettabile sia sotto il profilo della rispondenza al DM 77 che del DM 70, con alcuni accorpamenti che nessun tecnico e neanche il ministero avrebbero mai potuto avallare nell’interesse dei cittadini/pazienti. Al di là del principio valido che si vedeva in lontananza di scorporare le Asp ritengo per rafforzarle, il modello era più nei desiderata politici  che in quelli sanitari. È stato smentito dall’assessorato e non poteva essere diversamente».

La figura dell’anestesista-rianimatore è strategica per il Ssn. Perché?
«Siamo indispensabili nelle sale operatorie, nelle terapie intensive e nelle aree critiche, nell’emergenza intraospedaliera e nella preospedaliera “qualificata” e nel trattamento del dolore. A chi ha sempre pensato che tale disciplina sia solo ospedaliera dove di fatto in modo preminente  la nostra presenza e la nostra qualità condizionano la “produzione” chirurgica e la qualità dell’intero ospedale, basti ricordare la gestione del postoperatorio intensivo o dell’emergenza intraospedaliera. Ricordiamo che  siamo determinanti anche nel campo dell’emergenza preospedaliera e del sistema delle reti di terapia del dolore: aree dove il territorio e l’ospedale si devono integrare».

Carenze di anestesisti rianimatori. Suggerimenti?
«Vado controcorrente con convinzione, non essendo solo in questo. Attenzione alla revisione e quindi alla nuova rete ospedaliera. La rete ospedaliera DM 70 si fonda sulla rete d’emergenza che classifica gli ospedali in pronto soccorsi di base, dea di I livello e dea di II livello in rapporto al sistema hub e spoke che deve ricevere l’emergenza che afferisce dal territorio ma che deve anche curare in un sistema che tende a centralizzare le patologie più complesse di tutte le specialità mediche e chirurgiche che sempre dal territorio afferiscono. Ancora oggi, pensare che ogni paese anche a distanza di 15-30 km autostradali da un altro dea di I e II livello, possa avere, per esempio, una propria ortopedia e una propria terapia intensiva, magari come leggevo qualche giorno fa, occupata da 2 o 3 pazienti, non è sostenibile e va contro la buona pratica clinica e la giusta assistenza sanitaria. Non è sostenibile perché non ci sono e non ci saranno, nei prossimi 15 anni e per restare alla mia disciplina, un numero adeguato di anestesisti rianimatori “intensivisti” che possano tenere in piedi con la necessaria qualità tutti questi ospedali. Va contro la buona pratica clinica perché un ortopedico o un anestesista rianimatore che fanno solo tre interventi l’anno non complicati o vedono in sala operatoria o in terapia intensiva solo determinate limitate popolazioni di pazienti, non garantiranno mai che quello che porta sull’ingresso la denominazione ospedale, lo sia in termini di qualità e di sicurezza per i cittadini. Tutti i cittadini vanno garantiti nell’assistenza sanitaria e il sistema c’è ed è previsto se si fa una rete ospedaliera basata sulla rete dell’emergenza e su criteri sanitari che non dovrebbero essere condizionati dalla politica. E su questo va fatta una campagna di comunicazione alla popolazione. Se si sbaglia la prossima rete ospedaliera la Sicilia resterà fanalino di coda, non ultima magari terz’ultima, ma non dove dovrebbe e potrebbe stare per la qualità dei professionisti che ha e che meritano i suoi abitanti».

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