PALERMO. In occasione della Giornata Mondiale contro l’AIDS, l’Associazione “Casa famiglia Rosetta” ha organizzato presso l’Aula Consiliare di Palazzo delle Aquile il convegno “Oltre il Silenzio sull’HIV/AIDS”.
Secondo i dati trasmessi dall’Istituto Superiore di Sanità, nel 2017 sono stati individuati in Italia 3.443 nuove diagnosi di infezione da HIV pari a 5,7 nuovi casi per 100mila abitanti.
Una percentuale che rende l’incidenza italiana simile alla media evidenziata negli altri Paesi dell’Unione Europea pari al 5,8 nuovi casi. Nel 2017 i casi più numerosi sono attribuibili a trasmissione eterosessuale pari al 46%, seguiti da casi a trasmissione omosessuale tra soggetti di sesso maschile pari al 38%.
Infine, sempre nello stesso anno, sono stati segnalati 690 casi di AIDS, pari a un’incidenza di 1,1 nuovi casi. Più del 70% dei casi di AIDS segnalati nel 2017 era costituito da persone che non sapevano di essere HIV positive.
“I dati relativi alla Sicilia però sono in controtendenza in quanto i casi sono aumentati- spiega Antonio Cascio, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Malattie Infettive e Tropicali del Policlinico di Palermo, centro di riferimento regionale “AIDS”, intervenuto con una relazione dal titolo “La realtà ospedaliera palermitana per il trattamento delle persone sieropositive”- L’incidenza è passata dal 3,5/4 a 5,5 nuovi casi ogni 100 mila abitanti. Anche il numero assoluto dei casi è cresciuto: nel 2010 se ne contavano meno di 150 per anno mentre nel 2017 ne sono stati individuati 278”.
Molto simile la situazione a Palermo: “Presso il nostro centro- continua Cascio- seguiamo circa 750 pazienti HIV positivi. Nei casi più gravi abbiamo la possibilità di ricovero e di assistere i pazienti in follow-up con farmaci antiretrovirali e con controlli periodici ematochimici per verificare la risposta alla terapia”.
Una terapia altamente efficace in quanto la qualità e la durata della vita del paziente che la assume con costanza è pressoché equivalente a quella di un soggetto sano. “Un paziente HIV positivo che assume regolarmente la terapia- sottolinea Cascio- elimina il virus dal sangue e non è più contagioso. La possibilità che il paziente trasmetta il virus sessualmente è davvero bassissima”.
Patrizio Pezzotti (direttore della Divisione Epidemiologia presso l’Istituto Superiore Sanità) ha presentato la relazione “HIV/AIDS in Italia 2018”, mentre Carlo Torti (professore associato di Malattie Infettive presso l’Università Magna Graecia di Catanzaro) ha esposto una relazione sul tema “Retention in care delle persone sieropositive in trattamento” e Roberto Cauda (professore ordinario di Malattie Infettive presso l’Università Cattolica Sacro Cuore di Roma) ha affrontato il tema “HIV e invecchiamento”.
Hanno preso parte alla tavola rotonda Vincenzo Morgante (direttore di TV 2000) che ha relazionato sul tema “Attualità cliniche, sociali psicologiche in tema di HIV/AIDS”, Maria Caterina Silveri (professore ordinario in Neuropsicologia del Dipartimento di Psicologia presso l’Università Cattolica Sacro Cuore di Milano) che ha analizzato gli “Aspetti Neuropsicologici” della malattia.
Inoltre Rosario Cigna (professore di Sociologia del Corso di Laurea in Scienze dell’Educazione e della Formazione avviato dalla Fondazione “Alessia” Istituto Euro Mediterraneo e affiliato alla Pontificia Facoltà Auxilium di Roma) ha trattato il tema “HIV e scuola, ruolo dell’informazione tra i giovani”.
Alfonso Averna (responsabile della Divisione Malattie Infettive dell’ASP di Caltanissetta) ha sottolineato “La situazione nel Nisseno”, e infine il direttore della Casa Famiglia per persone HIV/AIDS e patologie correlate, Nino Amico, ha discusso dell’impegno di “Casa Rosetta” a sostegno delle persone sieropositive in Tanzania.
Tra gli spunti di riflessione “l’importanza della cosiddetta retenction in care ossia la necessità che un paziente venga tenuto correttamente in terapia e che vada periodicamente tenuto in osservazione- sottolinea Antonio Cascio, secondo il quale “è fondamentale anche l’istituzione di una rete HIV Sicilia in modo che tutte le persone HIV positive vengano inserite in un data base regionale, una proposta accolta con favore anche dall’assessore Razza”.
Per affrontare con consapevolezza i casi di HIV/AIDS è stata inoltre avanzata l’idea di istituire un master per formare operatori specializzati nelle campagne di prevenzione del virus. Si stima infatti che circa il 20-25% di persone in Italia non sa di essere infetto, soggetti che potenzialmente possono diffondere il virus.
I sintomi da valutare sono individuabili dopo un mese dal contagio: “Circa il 50% delle persone manifesta una sindrome simil-mononucleosica con linfonodi ingrossati, mal di gola, macchie sulla pelle e talvolta diarrea- spiega Cascio- Spesso questa sindrome poco conosciuta rischia di passare inosservata, sebbene la diagnosi in questa fase acuta sia fondamentale”.
Nelle fasi successive, e anche per molto tempo, la patologia è asintomatica e clinicamente latente fino a quando non iniziano a manifestarsi malattie minori apparentemente banali come l’onicomicosi o la micosi del cavo orale o dell’angolo della bocca.
“Nella fase più evidente- continua Cascio- compariranno malattie che per definizione vengono chiamate AIDS-definenti o late presenters come il sarcoma di Kaposi o la polmonite da Pneumocystis Carinii o l’esofagite da Candida o la neurotoxoplasmosi, a cui sarebbe bene non arrivare”.
I test sull’HIV dovrebbero essere quindi proposti “dal medico curante o dal medico che riscontra malattie sessualmente trasmesse correlate all’HIV- suggerisce Cascio- Lo screening inoltre dovrebbe essere fatto a chi hanno avuto comportamenti a rischio”.